a cura di Raffaella Ceres
Footprints: un disco realizzato “sfruttando” la forza del primo incontro, fissando l’energia che si sprigiona da quel misto di timore, curiosità e sorpresa dati dal suonare con musicisti nuovi direttamente in studio di registrazione. Per il suo nuovo album Francesco Bertone ha scelto un approccio jazz. Sei brani jazz in trio con Fabio Gorlier pianoforte e Paolo Franciscone batteria. Con lo stesso organico un brano R’n’B e uno in stile ‘metheniano’ dove il Precision fa il tema. Poi cinque pezzi brevi ispirati alla musica cubana: Nitza Rizo voce e Francesco Bertone al basso o contrabbasso. Ognuno di questi duetti fa da interludio a composizioni più lunghe. Dal punto di vista strettamente bassistico è un lavoro in cui l’artista ha cercato di far suonare con gentilezza un arma preistorica come il Fender Precision e ho forzato il contrabbasso maltrattandolo un po’. L’obiettivo è stato cercare un suono personale attraverso l’ideazione e la realizzazione di brani che lasciassero il maggior spazio possibile a tutti gli strumentisti. Essendo il titolare del disco e l’ autore dei brani Francesco Bertone vuole avere tutto sotto controllo. Gli piacciono bassisti come Nate Watts, Juan Nelson, Meshell Ndegeocello, Michael League, quelli che si vede che hanno tutto sotto controllo e lavorano per il gruppo.
Footprints: la forza del primo incontro raccontata in musica. Come è nato questo progetto?
Arriva il momento in cui devo fare un disco mio: lavoro per altri artisti, di solito i titolari sono altri, ma scrivo molto e le cose più avventurose le tengo per me. Così quando intravedo un filo logico tra i brani inizia la lavorazione, tutta nella mia testa, scrivo parti pensando a chi le suonerà, lascio molta libertà. Poi ho convocato i musicisti direttamente in studio di registrazione, senza fare prove, per catturare quella scintilla fatta di timore e curiosità.
Tredici brani che si muovono elegantemente fra stili musicali diversi. Cosa ci può dire a riguardo?
Otto sono in formazione jazz piano trio con Fabio Gorlier al pianoforte, Hammond e Rhodes, Paolo Franciscone alla batteria e cinque sono duetti basso e voce con la cantante cubana Nitza Rizo. Vado dove mi piace cioè, verso musica con profonde radici africane: Rhythm and Blues, Jazz, Musica Sudamericana. A tenere tutto insieme è proprio l’amore per queste musiche ma devo dire che la varietà è voluta per favorire ascolti ripetuti senza i quali un disco scade a file di You Tube, isolati i brani , senza filo conduttore , con pochissime probabilità di essere ascoltati due volte di fila.
Il disco vuole essere “ fatto di cose concrete”. Mi piacerebbe approfondire questa affermazione letta circa il suo lavoro.
Le cose concrete sono i materiali di cui son fatti gli strumenti e la materia di cui son fatti gli strumentisti. In più concretezza vuol dire cercare l’essenza di un pezzo, non perdersi in cose che potrebbero andare fuori tema; da qui la breve durata dei brani.
Come può la musica essere concepita a misura d’uomo?
Facendo un paragone con lo sport direi “senza dover ricorrere al doping” che in musica è la postproduzione che oggi ci permette di correggere veramente qualunque errore facendo sembrare bravo chi non lo è.
Qual è la parte più difficile del suo lavoro e quale la più esaltante?
La parte più difficile è suonare molto dal vivo e portare il disco in tutti i festival, la parte più esaltante è quando riesco a scrivere cose che mi convincono.
Cosa si aspetta da questo progetto artistico?
Naturalmente vorrei far arrivare la mia musica a tutti convincendo soprattutto chi non ama il jazz; è giusto avvicinarsi con curiosità alle cose, oggi in Italia è proprio la curiosità che manca.
Chi vuole ringraziare per la riuscita di questo progetto?
I musicisti che hanno suonato con me, hanno confermato una sensibilità fuori dal comune perché li ho convocati ‘a tradimento’ senza prove e loro hanno reagito come speravo anzi meglio.
“Footprints” è pubblicato da Videoradio Edizioni Musicali www.videoradio.org ed è in vendita su tutti gli Store digitali.